“Mandibules” tra leggerezza e critica sociale
That was the problem in the mind of every looker on, and the lookers-on were legion; the whole wide neighborhood came to see us. Gregory and others outstayed their furloughs; the surgeon lingered shamelessly. Of course, there were three girls besides Charlotte, and it was pure lying--as I told Helm--for some of those fellows to pretend that Captain Ferry's problem was all they stayed for; and yet it was the one heart-problem which was everybody's, and we were all in one fever to see forthwith a conclusion which "a decent respect to the opinions of mankind" required should not come for months.Il film rivela con piccoli cenni una critica sociale a un mondo che non accetta la diversit, che plasma tutto a sua immagine e che sempre pronto a credere al peggio. Eppure, in questo mondo pu esistere anche larmonia di unamicizia scapestrata come quella dei protagonisti, interpretati da una coppia di attori comici francesi (Grgoire Ludig e David Marsais), in grado di creare una forte complicit sullo schermo, e che sottolineata dai toni pastello della fotografia, che ci immerge da subito in un mondo di sogno, in una leggerezza vacanziera che ci aiuta a credere in un mondo dove tutto possibile. Lestetica colorata e trasognata del film concorre ad alleggerire il nostro sguardo e predisporlo alla sconclusionata catena di eventi che ci viene proposta.
“Il giorno e la notte” e la scommessa del cinema a distanza
Gregg was listening very acutely.Gregory's approach interrupted us, but I remembered a trait in Charlotte of which I have spoken, and gave myself the hope that their prediction might prove well founded.Il regista neIl giorno e la nottediventa il sommo burattinaio che tira le fila delloperazione innovativa messa in atto, amministrando a distanza le riprese fatte dai dispositivi personali di ciascun attore. E il cinema di Vicari si riconferma portato allaricerca espressiva, capace qui di misurarsi con la storia e con la realt sociale e di ricollocare il medium allinterno del suo stesso messaggio. Il giorno e la notte ha il grande potere di portare sul grande schermo un cambiamento, che in maniera circolare coinvolge in primis gli attori e la produzione per poi ricadere ugualmente efficace anche sul suo pubblico, compartecipe di questa inverosimile immobilizzazione subita, nel tempo e nello spazio, da unintera platea umana.
“Luca” e il ricordo di un’infanzia italiana
Five, ten, fifteen minutes dragged by. Counting them helped me to lie still. Then I caught another pregnant sound, a mumbling of male voices in the adjoining front room. I waited a bit, hearkening laboriously, and then ever so gradually I slid from the bed, put on everything except my boots, and moved by inches to the door between the two rooms. It was very thin; "a good sounding-board," thought I as I listened for life or death and hoped my ear was the only one against it."Well, I can name several! I don't call Scott Gholson anybody, but there's Major Harper--No, I'm not talking too loud, Ned isn't hearing a word. Major Harper's so hot against this thing that he brought it up, with me, yesterday on the battlefield."LItalia cartoonizzata da Pixar non allora unItalia stereotipata, quanto unItalia ricostruita a cominciare dai ricordi del regista, dalle sue sensazioni e dalle sue emozioni di quando era ragazzo. Forte di questa componente personale molto accesa, Luca quindi un film da riscoprire al l delle semplici apparenze. Vero, abbiamo a che vedere con un progetto meno ambizioso, pi semplice e lineare rispetto al canone Pixar, eppure Casarosa costruisce e abita la sua dimensione senza provare ad ambire altrove. Sa bene quello che vuole raccontare, lautenticit della sostanza alla base del suo lavoro, e su quella si concentra focalizzando tutte le sue energie.
Lelegia del clown triste. Charlie Chaplin e “Luci della citt”
I stole through the cornfield safely; the frequent lightnings were still so well below the zenith as to hide me in a broad confusion of monstrous shadows. But when I came to cross the road no crouching or gliding would do. I must go erect and only at the speed of some ordinary official errand. So I did, at a point between two opposite fence-gaps, closely after an electric gleam, and I was rejoicing in the thick darkness that followed, when all at once the whole landscape shone like day and I stood in the middle of the road, in point-blank view of a small squad, a "visiting patrol". They were trotting toward me in the highway, hardly a hundred yards off. As the darkness came again and the thunder crashed like falling timbers, I started into the cotton-field at an easy double-quick. The hoofs of one horse quickened to a gallop. A strong wind swept over, big rain-drops tapped me on the shoulder and pattered on the cotton-plants, the sound of the horse's galloping ceased as he turned after me in the soft field, and presently came the quiet call "Halt, there, you on foot." I went faster. I knew by my pursuer's coming alone that he did not take me for a Confederate, and that the worst I should get, to begin with, would be the flat of his sabre. Shrewdly loading my tongue with that hard northern r which I hated more than all unrighteousness, I called back "Oh, I'm under orders! go halt some fool who's got time to halt!" un cinema fatto tutto di sguardi e di dettagli, di campi e controcampi, un uso emotivo delle immagini che si fa pura poesia visiva, sostenuta da una colonna sonora particolarmente malinconica; una poesia che si ripeter nei numerosi incontri fra i due e torner specularmente nel commovente finale, intriso di amore puro e platonico: quando cio la ragazza ha riacquistato la vista, e capisce lidentit del suo benefattore solo toccandogli la mano. I pannelli coi dialoghi scritti sono ridotti al minimo, e Chaplin manifesta i sentimenti con un uso archetipico e primigenio delle immaginie della musica, confermandosi un genio assoluto della storia del cinema.
Leone, Tessari, Corbucci e Barboni. L’avventurosa storia del western all’italiana
Offriamo ai lettori alcuni estratti diL’avventurosa storia del cinema italiano. DaLa dolce vitaaC’era una volta il West. Volume terzo, a cura di Franca Faldini e Goffredo Fofi,Edizioni Cineteca di Bologna, 2021. Oggi tocca a una ricostruzione orale della splendida avventura del western all’italiana. Sergio Leone diceva: “Io non ero affatto un patito di western. Ero un patito di buoni film e tra i buoni film includevo alcuni western. Spesso hanno fatto degli accostamenti tra Ford e me. Ecco, io la penso cos: Ford era un ottimista, mentre io sono un pessimista”.
La preghiera laica di “Corpus Christi”
The heaviness of my soul, by reacting upon my frame and counterfeiting sleep better than I could have done it in cold blood, saved me, I fancy, from death or a northern prison. When I guessed my three visitors were gone I stirred, as in slumber, a trifle nearer the window, and for some minutes lay with my face half buried in the pillow. So lying, there stole to my ear a footfall. My finger felt the trigger, my lids lifted alertly, and as alertly reclosed. Outside the window one of the officers, rising by some slender foothold, had been looking in upon me, and in sinking down again and turning away had snapped a twig. He glanced back just as I opened my eyes, but once more my head was in shadow and the moonlight between us. When I peeped again he was moving away.Un cinema etico quindi quello di Komasa, e di conseguenza anche morale, sociale e politico. Un cinema che in Corpus Christi parla di una piccola comunit di paese ma anche di comunit in senso lato, facendoci pensare alla realt geografica europea di cui ci sentiamo parte – per condivisione di valori, storia e cultura – ma anche a quella pi globale del post pandemia. Un cinema che affronta temi come la solitudine, la marginalit, la paura, la rabbia, la voglia di vendetta e di contro il bisogno di condividere, di essere insieme, compresi, perdonati e amati. Tutti temi che da sempre ci interrogano nel profondo, che ci riguardano sia collettivamente che individualmente.
“Fellinopolis” e i reperti di un immaginario magico
He moved his arm slowly round in a circle, as though to reassure himself. The arm worked in a lop-sided fashion, like a badly shaped wheel, stiffly upwards and then quickly dropping down the curve. Then the Clockwork man lifted a leg and swung it swiftly backwards and forwards. At first the leg shot out sharply, and there seemed to be some difficulty about its withdrawal; but after a little practice it moved quite smoothly. He continued these experiments for a few moments, in complete silence and with a slightly anxious expression upon his face, as though he were really afraid things were not quite as they should be.Il documentario di Silvia GiuliettiFellinopolis un prezioso lavoro di recupero oltrech una gran bella chicca cinematografica. Si tratta infatti di una sapiente opera di montaggio (con ritmo allegramente felliniano) dei preziosissimi Special – Backstage girati da Ferruccio Castronuovo su richiesta di Fellini sui set di Casanova, La citt delle donne, E la nave va e Ginger e Fred, documentando e rivelando gli elementi del “grande gioco”, le invenzioni e le “bugie” del regista, nella citt immaginaria dietro le quinte dei suoi film, in un arco temporale che copre dieci anni dal 1976 al 1986. Special allepoca utilizzati per il lancio dei film e conservati da oltre quarantanni dalla Cineteca Nazionale.
Orson Welles secondo Mark Cousins. “Lo sguardo di Orson Welles” e il ritratto confidenziale
Esiste una foto un po’ inusuale di Orson Welles: sdraiato mollemente su un letto, un gomito appoggiato a sorreggere la testa, lo sguardo stupito e indifeso di chi stato sorpreso in un attimo di intimit. Un Welles molto diverso dall’immagine forte impressa nella memoria collettiva: non ieratico come Macbeth, non prepotente come Charles Foster Kane, non sordido come Hank Quinlan, non violento come Otello. Questa foto torna e ritorna inLo sguardo di Orson Welles, nel quale il critico cinematografico Mark Cousins tratta Orson Welles come un amico: perch, come diceva Italo Calvino, un classico non ha mai finito di dire quello che aveva da dire.
Lo spettacolo del noir. “So che mi ucciderai” di David Miller
Linizio sembra anticipare un certo cinema di Robert Aldrich, cio quei drammi ambientati nel mondo dello spettacolo pensiamo a Il grande coltello o Quando muore una stella con la messa in scena dellaffascinante ma spietato mondo di Broadway. La prima parte ricalca gli schemi del mlo, ma senza mai scadere nel banale, con la narrazione dellincontro fra i due protagonisti, linnamoramento, la luna di miele in una splendida villa sul mare, la vita nella loro ricchissima abitazione. Poi, quando entra in scena Gloria Grahame, So che mi ucciderai si incanala pi decisamente ma senza soluzione di continuit nei suddetti canoni del noir: Irene la dark lady.
Leggere, scrivere e fare film. Lasciali parlare e la cambusa dell’autore
una teoria dellenunciazione filmica e letteraria Lasciali parlare, che percorre ripetitiva e ciarliera i corridoi del non-luogo della nave, le sue sale tipiche -da gioco, da ballo, da cena- e i suoi pontili come fossero ingranaggi di un percorso creativo in fieri che ricorda quello dei sogni di Mort nel Rifkins Festival di Woody Allen, spirito che aleggia sullopera in pi modi: dialoghi fitti, maschi alle prese con donne fuori dalla loro portata, musica jazz a commentare leggera gli eventi. Si parla di libri, serie tv e film, e di come questi si confondano con la vita reale alimentandola e ricevendone ispirazione.
“Estate ’85” e la malinconia della memoria
Al suo diciannovesimo lungometraggio, Franois Ozon approfondisce il discorso sul rapporto tra realt e finzione (Nella casa) e sullimportanza del racconto come chiave di comprensione della realt (Frantz), ma si addentra con pi ambizione nella matrioska della meta-letteratura. Mescolando ricordi personali a una fiducia incrollabile nella capacit affabulatoria della settima arte, Ozon firma unopera profonda, tanto teorica quanto emotiva, in grado di farci emozionare e di scaldarci al malinconico sole della memoria, ricordandoci che la sola cosa che conta riuscire in qualche modo a sfuggire alla propria storia. Ovvero vivere.
“Oldboy” e la disperazione universale del destino
Il ritorno di Oldboy (2003) nelle sale in versione restaurata in 4K sotto la supervisione del regista solo unulteriore conferma dellenorme impatto che il film cult del sudcoreano Park Chan-wook ha avuto nella cultura cinematografica, orientale e non solo. Secondo (e pi celebre) capitolo della sua trilogia della vendetta, dopo Mr. Vendetta e prima di Lady Vendetta, fu premiato al Festival di Cannes con il Grand Prix Speciale della Giuria:Oldboy un thriller violentissimo, disperato e inquietante, ma anche un vero film dautore, dove la violenza e gli eccessi non sono mai gratuiti, bens espressione di una visione nichilista del mondo che Park inserisce in ogni sua opera.
Affrancarsi dallo sguardo paterno. “Maledetta primavera” e l’emancipazione adolescenziale
Amoruso riesce nel suo intento, anche se forse non completamente, grazie alla capacit di fotografare con immediatezza leggiadra i battiti del cuore, gli sguardi incantati e le esitazioni timorose che solo in quel tempo di mezzo abbiamo il diritto di vederci concesse. Negli sguardi scrutatori e dubbiosi di Nina c molto di Caterina va in citt, cos come nella mamma Ramazzotti c tanto della Anna Michelucci diLa prima cosa bella, e nelle dinamiche fra adolescenti si riflettono altre storie come quelle di Ovosodo. Ma non per forza la presenza di questo humus da considerarsi come un difetto o un limite. Potrebbe essere letto invece come un pregio nella misura in cui la seguace virziana si affranca dallo sguardo paterno.
La terra dell’abbandono. “La cordigliera dei sogni” diPatricio Guzmn
In questo bellissimo film a dominare il racconto la cordigliera delle Ande e la sua imponente e labirintica struttura. Un territorio quasi abbandonato quello attorno alla cordigliera che in un certo senso racchiude in se la storia del Cile e in qualche modo anche la sua memoria. Una barriera che contemporaneamente protegge e isola, difende e allontana. Cos, attraverso un procedimento caro alla geometria frattale gi usato negli altri due documentari, la cinepresa si avvicina sempre di pi alle montagne, alla loro superficie, alle spaccature delle rocce e improvvisamente quasi non sappiamo pi se ci troviamo nel regno del piccolissimo o se non stiamo invece osservando dallalto lintera cordigliera, e la sua multiforme e sfaccettata andatura montuosa.
Stefania Sandrelli e l’idea dell’amore
difficile non associare Sandrelli allidea dellamore perch in lei convivono la grande storia di unintera nazione della Repubblica, meglio, nata pochi giorni prima di lei dominata dal desiderio di scoprirsi adulta e quella piccola nascosta nellappartamento accanto tra i cimeli di famiglia e i simulacri di un ceto fluido, il racconto collettivo di una ragazza che il tempo non pu scalfire e lepopea del tempo stesso il tempo della storia, della nostra storia che lattraversa lasciando tracce che sono segni di una rivoluzione culturale. In lei e nei suoi occhi che si tuffano dal balcone, nella sua risata sempre accordata sullo stupore c quel furore pacato di certi personaggi tipicamente italiani che nellintemperanza emotiva declinano sogni e bisogni.
“Trapped” esce dalloblio. Il noir cult di Richard Fleischer
Fleischer, in soli 79 minuti e con un budget visibilmente ristretto, riesce a creare un riuscito incrocio fra gangster-movie e poliziesco degno di altre opere coeve e pi celebri pensiamo a I gangsters di Robert Siodmak mettendo in scena vari personaggi e stilemi del genere, con una descrizione minuziosa del milieu criminale. Il merito va ad una sceneggiatura intricata, ricca di doppiogiochisti e colpi di scena, e soprattutto ad una regia quadrata, senza tanti fronzoli n orpelli stilistici ma efficacissima: che sar poi uno dei tratti distintivi della poetica di Fleischer nei suoi film pi celebri, dal suddetto Le jene di Chicago a Sabato tragico, da Frenesia del delitto a Lo strangolatore di Boston.
L’avventurosa storia di come Bolognini produsse Pasolini rifiutato da Fellini
Dalla formidabile cornucopia diL’avventurosa storia del cinema italiano, emerge al ricostruzione a tre voci (Fellini, Pasolini, Bolognini) della vicenda produttiva diAccattone – e di come abbiamo rischiato di non veder realizzato il capolavoro del 1961. “Conoscevo il copione di Accattone ma non avevo mai visto, diciamo, il suo copione di regia. Era una cosa incredibile, commovente. Inquadratura per inquadratura, aveva creato un copione illustrato, un lavoro stupendo che era gi il film, chiaro, cos come sarebbe stato. Rimasi entusiasta, sbigottito che quella roba non fosse piaciuta. Dissi subito che avrei fatto il possibile per dargli una mano” (Mauro Bolognini).
Dell’amore o della solitudine. “Happy Together” come resoconto emotivo
il terzo appuntamento in sala con Wong Kar-wai. Grazie alloperazione di ridistribuzione di Tucker Film, dopo il restauro in 4K per mano della Criterion di New York e L’Immagine ritrovata di Bologna, Happy Together torna sul grande schermo ventiquattro anni dopo il premio per la miglior regia al 50esimo Festival di Cannes. Tra vecchi monolocali bonaerensi, tango bar e troppe sigarette due uomini hongkonghesi si trovano alle prese con la loro relazione instabile e nociva. Al solito si parla di rapporti. Cina o Argentina, nei film di Wong si ha sempre limpressione che lamore sia lunica cosa narrabile, lunica capace di generare conflitto o risolverlo.
“American Skin” e le voci non ascoltate
Dopo lesordio alla regia con The Birth of a Nation – Il risveglio di un popolo, Nate Parker torna a dirigere e interpretare il non meno polemico American Skin, anomalo film giudiziario che ha ricevuto lendorsement di Spike Lee, ormai indiscutibile padre putativo del nuovo cinema afroamericano. Guardando alle opere dimpegno civile di Sidney Lumet, Parker mette in scena un processo ufficioso contro un poliziotto bianco gi scagionato dallomicidio del figlio del protagonista che amareggiato dal verdetto, assalta il municipio prendendo in ostaggio civili e agenti e formando con alcuni carcerati una giuria popolare che dovr esprimersi in merito.
“Fortuna” tra virtuosismo e spaesamento
Ispirato a una storia vera, Fortuna tenta la strada dell’ellissi per raccontare ci che non dovrebbe mai accadere. Gelormini intesse il suo primo lungo dando alla forma il compito di veicolare la sostanza, sicuramente influenzato dalla sua formazione accademica (la laurea in Architettura), e dallesperienza di aiuto regista di Paolo Sorrentino, si concentra sulle architetture visive e urbane, d predominanza a una colonna sonora (rumori di fondo, tracce audio acute, stridenti, elettroniche) per lo pi extradiegetica e straniante, ma dimentica di spargere nella narrazione semi narrativi capaci di costruire un racconto chiaro e compiuto dei fatti.
Alida una e cento Valli
Il corpo e lo spirito battagliero della Valli la consegnano s come lo specchio del passato, ma anche come la punta di diamante di quel divismo che nella prima met del Novecento si inserito nelle pieghe del tessuto socio-culturale del nostro Paese riverberando le contraddizioni di una settima arte spesso incapace di riproporre la realt. Riversando paradossi e stereotipi, lungo la sua evoluzione il cinema italiano ha sviluppato la storia della nostra identit in un incrocio tra registro comico e drammatico che ha fotografato, talvolta attraverso plurime distorsioni, il valore e il (de)potenziamento della condizione femminile.